Due anni fa, la privacy e la protezione dei dati hanno ottenuto un inviato speciale, che tra l'altro è responsabile di riferire ogni anno al Consiglio Diritti Umani sulle questioni più importanti affrontate nel suo lavoro.
Nel suo recente rapporto, l'inviato speciale ONU sul diritto alla privacy, Joe Cannataci, ha sottolineato come i leader credibili non abbiano mai dovuto giocarsi la carta delle paura.
La minaccia populista
Il suo rapporto esamina in maniera critica le pratiche di sorveglianza nazionali e internazionali da parte dei governi e propone varie raccomandazioni. Sottolinea l'importanza della trasparenza e di un controllo efficace anche quando l'accesso ai dati dei cittadini avviene per uno scopo legittimo.
L'inviato speciale mette in guardia anche sul fatto che uno dei più grandi nemici della privacy è il populismo, poiché l'adozione di misure che restringono fortemente la privacy con il pretesto di aumentare la sicurezza – quando tali misure sono, di fatto, incostituzionali (per esempio non necessarie e sproporzionate) o incapaci di aumentare realmente la sicurezza – è un fenomeno globale.
Inoltre, Cannataci sottolinea che anziché un sistema di raccolta dati del tipo “tutto su tutti” (sistemi che, peraltro, sono bersaglio di attacchi hacker e altri abusi), la vera soluzione resta la sorveglianza mirata.
Questo, tuttavia, presuppone un lavoro serio e un sospetto da parte di chi mette in atto la sorveglianza, oltre che il rispetto delle garanzie a tutela dei cittadini.
Per quanto riguarda la crisi dei rifugiati, l'esperto sottolinea anche che il sospetto non dovrebbe basarsi su un determinato passaporto o sulla sua assenza; piuttosto, dovrebbe basarsi su prove raccolte durante le operazioni di intelligence, realizzate da servizi che dispongono di appropriate licenze.
L'inviato sottolinea anche che la maggior parte dei responsabili di azioni terroristiche erano già noti alle autorità.
Sull'orlo dell'abisso
Il rapporto descrive in maniera allarmante l'attuale situazione in Ungheria. Basta volgere lo sguardo indietro, anche solo alla scorsa estate, quando, con il pretesto di una possibile minaccia terroristica, il governo ungherese ha introdotto l'ennesimo pacchetto di misure che restringono i diritti in capo agli autori di comunicazioni sospette.
Nel frattempo, il ministro ungherese della giustizia può ancora autorizzare la sorveglianza per ragioni di sicurezza nazionale, mentre le misure per dare attuazione alla direttiva sulla conservazione dei dati – che è stata abrogata a livello europeo – sono tuttora in vigore.
Considerato il quadro generale, la triste conclusione è che politici demagogici di tutto il mondo non vedono l'ora di raccogliere i nostri dati.