La polizia può controllare uno smartphone, ma il suo accesso è limitato e non può leggere tutti i dati del dispositivo, compresa la rubrica, lo storico delle chiamate, i messaggi e le foto, è quanto ha stabilito la Corte Suprema Olandese con una sentenza del 4 aprile 2017.
Nel caso in questione la polizia aveva perquisito lo smartphone di un uomo sospettato di spaccio di cocaina nell'Aeroporto di Schiphol. Sul suo smartphone la polizia aveva trovato prove per incriminarlo. Secondo il suo avvocato, la perquisizione dello smartphone ha violato la privacy del sospettato (protetta dall'articolo 8 della Convenzione Europea sui Diritti Umani).
Per questo motivo, sostiene, la prova sul telefono non può essere utilizzata. Secondo la Corte di Appello, tuttavia, la polizia era autorizzata a sequestrare lo smartphone e a perquisirlo.
Violazione limitata della privacy
Il caso è stato rinviato alla Corte Suprema, che ha confermato il giudizio di primo grado secondo cui la violazione della privacy fosse stata limitata. Se, tuttavia, il controllo di uno smartphone si spinge fino a fornire una fotografia completa della vita personale dell'utente dello stesso, allora l'indagine diventa illegale, secondo la Corte.
E questo avviene quando la polizia analizza i dati su uno smartphone in maniera sistematica e con l'assistenza di un servizio tecnico. Se la polizia intende farlo, deve preventivamente chiedere l'autorizzazione al giudice istruttore.