Il governo ungherese ha 60 giorni di tempo per rispondere alle preoccupazioni sollevate dalla Commissione Europea in merito alla cosiddetta legge sulle ONG. La legge, definita anche “Stop Soros” dal governo Orbán, criminalizza le persone e organizzazioni che supportano le richieste di asilo e di permesso di soggiorno. Limita inoltre il diritto a presentare richiesta di asilo.
Giovedì la Commissione Europea ha deciso di compiere il passo successivo nella procedura di infrazione avviata nel mese di luglio 2018, inviando una lettera di messa in mora. Dopo aver esaminato le risposte dettagliate fornite dal governo ungherese alle precedenti questioni sulla legge e le relative modifiche, la Commissione continua a considerare irrisolta la maggior parte delle sue preoccupazioni.
Tre le preoccupazioni chiave della Commissione
La Commissione è preoccupata in primo luogo per il modo in cui la legge criminalizza le ONG che assistono e supportano le richieste di asilo o aiutano a comunicare con le autorità competenti. Gli avvocati sostengono che la legge sulle ONG violi due direttive UE, una sulle procedure di asilo e l’altra sulle condizioni di accoglienza.
In secondo luogo, Bruxelles ha espresso le sue preoccupazioni sul fatto che la legge possa limitare la libertà di movimento delle persone. Le sanzioni previste dalla legge vanno dal trattenimento temporaneo fino a un anno di carcere e all’espulsione dal paese per cittadini UE tra cui operatori delle ONG, avvocati, operatori umanitari o familiari che provano far entrare le persone in una delle zone di transito ungheresi. Questo costituisce una violazione dei diritti dei richiedenti asilo sanciti dalla normativa UE e la Commissione ha ribadito che la legge viola la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
In terzo luogo, il governo ungherese, con l’introduzione di nuovi motivi per dichiarare inammissibili le richieste di asilo, limita in maniera illegale il diritto all’asilo violando la Direttiva sulle Procedure di Asilo. La normativa UE consente agli stati membri di rifiutare l’ingresso sulla base dei concetti di “paese terzo sicuro” e di “primo paese di arrivo”. Ma il governo ungherese si è spinto oltre, con una modifica costituzionale che limita il diritto di asilo in maniera incompatibile sia con l’Asylum Qualifications Directive che con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Cosa accadrà ora?
La Commissione ha pertanto deciso di inviare un parere motivato all’Ungheria – la seconda fase della procedura di infrazione per violazione della normativa europea. Le autorità ungheresi ora hanno due mesi di tempo per rispondere alle preoccupazioni sollevate dalla Commissione. Altrimenti, quest’ultima rinvierà il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
In parallelo, c’è una seconda procedura di infrazione in materia di asilo riguardante l’inosservanza da parte dell’Ungheria della normativa UE. La Commissione ha rinviato il governo ungherese alla Corte nel mese di luglio 2018 per violazione della normativa sull’asilo e i rimpatri in merito alla sua legge sulle zone di transito.