Dal 12 al 16 marzo, la Commission on Narcotic Drugs (CND) si è riunita a Vienna per la 61esima sessione annuale.
Da quando l'Assemblea Generale ONU ha esteso i poteri della Commissione nel 1991 – rendendola l'organismo che governa l'UNODC (l'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine) – gli incontri annuali sono diventati uno dei momenti cruciali della costruzione delle politiche sulle droghe.
Dipende dalle decisioni della Commissione il fatto che alcune droghe e sostanze vengano considerate legali – e quindi disponibili – mentre altre siano proibite e quindi sottoposte a limitazioni.
Il lavoro di quest'ultima sessione della CND assume ancor più importanza in considerazione dell'High Level Ministerial Meeting che si terrà a Vienna il prossimo anno per archiviare i quasi 20 anni di guerra alla droga.
Il ruolo della società civile
Il lavoro della CND, anche se partito dagli importanti punti emersi da UNGASS 2016, è stato ampiamente influenzato dalla situazione politica globale, il cui bilancio negli ultimi anni è indubbiamente in chiaroscuro.
Da un lato, è un dato di fatto che, da aprile 2016, sempre più nazioni hanno deciso di modificare le loro politiche sulle droghe e che, in tutto il mondo, c'è stata una riduzione nel numero di condanne a morte per reati legati alla droga.
Dall'altro lato, non possiamo non riflettere sul fatto che un paese come gli Stati Uniti – storicamente un leader delle politiche proibizioniste – dopo il breve intervallo progressista di Obama, stia tornando a posizioni rigide sotto l'amministrazione Trump, che ha ventilato la possibilità di introdurre la pena di morte per gli spacciatori (cosa che è già una realtà nelle Filippine di Duterte, dove i condannati a morte si contano a migliaia).
Non sorprende che contraddizioni così evidenti abbiano determinato un impasse nel lavoro della Commissione. I rappresentanti delle 53 delegazioni hanno espresso accordo sul rispetto dei diritti umani e sulla necessità di misure di prevenzione e di interventi di trattamento più soft, ma, per esempio, la risoluzione congiunta presentata da Uruguay e Canada contro lo stigma che colpisce i consumatori ha incontrato notevoli ostacoli.
Le organizzazioni della società civile hanno giocato un ruolo fondamentale nel lavoro della Commissione e hanno promosso quasi un centinaio di eventi paralleli durante il meeting. Un esempio è dato dalla lettera indirizzata ai vertici dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e di Andoc, firmata da 188 ONG – tra cui CILD, membro di Liberties – per chiedere urgentemente una revisione degli standard e delle linee guida sul trattamento dei disturbi connessi al consumo di droghe.
Il caso italiano
La società civile ha giocato un ruolo importante nel definire la posizione della delegazione italiana durante i lavori della Commissione. In una lettera aperta, le ONG italiane hanno sollecitato il governo a non ripetere gli errori del passato e a sostenere politiche sulle droghe in linea con quelle di altri paesi europei, più rispettose dei diritti umani.
La delegazione italiana ha ribadito le posizioni espresse dall'ambasciatore italiano nella sessione plenaria di UNGASS 2016: riduzione del danno, condanna del ricorso alla pena di morte contro gli spacciatori e la richiesta di limitare l'utilizzo della pena detentiva per i consumatori.
Nel suo discorso alla CND, l'ambasciatore ha ribadito tali posizioni e riconosciuto l'importanza delle ONG e della società civile nel ruolo di consulenti.
Aspettando Vienna 2019, la speranza è che le posizioni emerse possano tradursi in un dibattito produttivo tra istituzioni e società civile (come avvenuto nel 2016). Attraverso le proposte che ne sono scaturite, questo dibattito dovrebbe contribuire alla riforma delle politiche sulle droghe italiane e internazionali.