La vittima, che si è rivolta all'Hungarian Civil Liberties Union, nel 2010 è stata arrestata e portata in una caserma di polizia. Al suo rilascio, ha presentato una denuncia per essere stata brutalmente aggredita e umiliata da sei poliziotti e da due agenti di sicurezza per le 12 ore del suo arresto, al fine di estorcere una dichiarazione spontanea di colpa da parte sua.
I poliziotti hanno detto all'uomo di “fregarsene se fosse morto, almeno ci sarà uno zingaro in meno”. L'evento ha avuto un impatto psicologico devastante sull'uomo.
Poche ore dopo il suo rilascio, l'uomo è stato ricoverato in ospedale. Secondo le cartelle mediche, ha subito lesioni al cranio, al naso, alla spalla, alle braccia, alla mano e alla coscia. Un'inchiesta avviata in seguito alle sue denunce è stata archiviata dalla procura, secondo la quale non era possibile dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio che l'aggressione fosse stata commessa dai sospettati.
Razzismo istituzionale
Assistita da HCLU, la parte offesa si è rivolta alla Corte Europea dei Diritti Umani (Corte EDU) denunciando una violazione del divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti (Articolo 3 della Convenzione Europea sui Diritti Umani) e del principio di non discriminazione.
Il Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC) ha partecipato al procedimento in sostengo dell'uomo. L'ERRC ha chiesto alla Corte di tener conto dell'esistenza di un razzismo istituzionale nel paese.
La sentenza della Corte EDU ha condannato il governo ungherese per aver confutato l'affermazione del ricorrente che le lesioni fossero state causate nella caserma di polizia. Inoltre, la Corte di Strasburgo ha ritenuto che le indagini condotte dalle autorità ungheresi sono state inefficaci non avendo tenuto conto della possibilità di motivazioni razziste alla base delle violenze.