La legge internazionale sui diritti umani riconosce che accedere ad un aborto sicuro e legale è cruciale per le donne e le ragazze per esercitare effettivamente i loro diritti umani, inclusi, tra gli altri, il diritto alla vita, alla non-discriminazione, uguaglianza, salute e privacy. Gli organi previsti dai trattati delle Nazioni Unite hanno spesso espresso preoccupazione sulla relazione tra leggi restrittive sull'aborto, aborti clandestini e insicuri, e alto rischio di mortalità materna. In caso di leggi restrittive, il problema centrale è la difficoltà di abortire anche nel caso di donne legalmente titolate a sottoporsi alla procedura. Secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani, una volta che lo stato adotta dei regolamenti che consentono l'aborto in alcune situazioni, non può poi strutturare una cornice legale che limita in qualche modo le reali possibilità di accedervi. Gli organi delle Nazioni Unite hanno anche affermato che dove l'aborto è legale, gli stati devono assicurare che sia disponibile, accessibile, adeguato e sicuro. Sia la Corte dei Diritti Umani che gli organi dell'ONU hanno anche sostenuto che le leggi restrittive sull'aborto possono costituire un trattamento inumano e degradante.
Tuttavia, in vari paesi dell'Unione Europea, le donne stanno affrontando o presto affronteranno importanti sfide per accedere all'aborto sicuro e legale secondo gli standard summenzionati sui diritti umani. Alcuni di questi paesi sono:
Spagna
A dicembre 2013, un progetto di legge “per la protezione della vita dei feti e dei diritti delle donne incinta” è stato approvato dal Consiglio dei Ministri in Spagna. Il progetto di legge costituiva un passo indietro rispetto all'attuale legge, introducendo severe restrizioni all'accesso delle donne ai servizi di aborto legale e sicuro. La proposta normativa limitava la possibilità di abortire in maniera legale e sicura solo a due casi: quando la salute fisica o psichica di una donna è in pericolo, o quando la gravidanza è il risultato di una violenza sessuale. La legge mette in atto inoltre vari ostacoli, tra i quali: un periodo di attesa di sette giorni; il counseling obbligatorio; la necessità dell'autorizzazione di un terzo (per le ragazze sotto i 18 anni e per le donne sotto tutela legale); l'uso dell'obiezione di coscienza da parte degli operatori sanitari; la necessità di ottenere una relazione medica da due differenti specialisti escluso il dottore che realizza l'aborto, che accerti che la gravidanza pone gravi minacce alla vita della donna o alla sua salute fisica o psichica; la mancanza di meccanismi efficaci per trattare e risolvere i conflitti di opinione tra professionisti medici o tra questi e la donna; il divieto di pubblicità di centri, strutture o servizi medici e ogni altra pubblicità sui mezzi, le tecniche o le procedure per interrompere la gravidanza; la necessità per le vittime di violenza sessuale di aver denunciato tale violenza alla polizia per ottenere l'accesso legale all'aborto. Questi ostacoli potrebbero portare le donne a tentare un aborto illegale e insicuro così come a interrompere la loro gravidanza all'estero.
Il primo ministro Mariano Rajoy ha annunciato la revoca di tale progetto di legge, le preoccupazioni tuttavia rimangono poiché si è impegnato a riformare l'attuale legge affinché le ragazze sotto i 17 anni di età debbano richiedere il consenso dei genitori per interrompere una gravidanza. In più, c'è ancora il timore che una riforma legale restrittiva venga riproposta in futuro, mettendo a rischio l'accesso delle ragazze e delle donne ai servizi di aborto.
Lituania
La proposta di legge sulla Protezione della Vita nella Fase Pre-natale, discussa in Parlamento nella primavera 2014, è stata un altro tentativo dello stato di regolamentare la morale pubblica alle spese del diritto delle donne alla privacy, alla salute e alla vita.
Il progetto di legge consentiva di interrompere una gravidanza soltanto in due casi: quando la gravidanza pone un'evidente minaccia alla vita della madre, o quando è il risultato di un atto criminale, ad esempio uno stupro. In entrambi i casi, comunque, la gravidanza può essere interrotta soltanto entro le 12 settimane dal giorno del concepimento. La legge rende particolarmente vulnerabili le donne – ragazze e donne private della capacità giuridica – poiché le obbliga ad ottenere un consenso scritto di uno dei due genitori o di un tutore. Le modifiche al Codice Penale considerano la gravidanza in tutti gli altri casi come un reato punibile con il servizio alla comunità, l'arresto o la detenzione. Secondo gli emendamenti proposti, anche una madre che “infligge un danno al un figlio non nato” può essere imprigionata per un periodo fino a due anni.
Nelle sue recentissime osservazioni conclusive sulla Lituania, il Comitato ONU sulla Lotta alla Discriminazione contro le Donne ha richiamato le autorità affinché “si astengano dall'adottare leggi o emendamenti che restringono il diritto delle donne ad un aborto legale e sicuro, e invece approvino le leggi pendenti sulla salute riproduttiva e la riproduzione assistita.”
Mentre la proposta di legge non è ancora stata messa ai voti, nuove iniziative volte ad introdurre un intervallo di attesa di 72 ore obbligatorio sono al momento in discussione. L'introduzione di un intervallo di attesa crea difficoltà emotive ed economiche disumane per le donne che hanno già trascorso un periodo considerevole lottando con una delle più difficili decisioni che abbiano mai dovuto fronteggiare.
Ungheria
La Legge Fondamentale entrata in vigore nel 2012 contiene una clausola costituzionale secondo cui il feto dovrebbe essere tutelato dal momento del concepimento, il che potrebbe portare a delle restrizioni sull'aborto, anche se la legge che consente di abortire entro le 12 settimane di gravidanza non è ancora stata modificata. In più, il governo ha cercato, attraverso mezzi legali e non, di indebolire il diritto all'auto-determinazione delle donne. Questi includono: una campagna sull'aborto fuorviante, attraverso la diffusione con fondi europei di manifesti di feti viventi e sviluppati per dissuadere le persone dall'abortire, violando le regole dei programmi di finanziamento; consigli umilianti e deterrenti alle donne, imponendo loro un processo di autorizzazione burocratico con molte possibilità di abuso; incoraggiare le donne a tenere la gravidanza segreta e a dare il bambino in adozione – nel caso in cui una madre adolescente scelga di partorire “in segreto” e poi dare il bambino in adozione, non è obbligata ad avvisare i suoi genitori, mentre l'aborto richiederebbe che la donna incinta abbia il consenso dei suoi genitori; vietare senza motivazioni scientifiche la pillola abortiva, che obbliga le pazienti, laddove è finanziariamente possibile per loro, ad andare in Austria.
Queste misure sono state criticate dall'ONU. Il Comitato per la Lotta alla Discriminazione ha indagato l'Ungheria nel febbraio 2013, sollevando preoccupazioni rispetto al diritto delle donne all'auto-determinazione. Ha sollecitato l'Ungheria a garantire l'accesso ad ogni donna all'aborto senza il counseling obbligatorio, che è un obbligo irragionevole. Il Comitato ha enfatizzato la necessità che lo stato non intervenga nel diritto della donna a riprodursi e ponga fine alla campagna che stigmatizza l'aborto. In più, il Comitato ha anche sottolineato l'importanza di rendere disponibile la contraccezione.
Irlanda
La legislazione irlandese sull'aborto sembra essere una delle più restrittive nell'UE. Ad una donna è concesso di interrompere la gravidanza soltanto nei casi di “rischio reale e sostanziale” per la sua vita. Altrimenti, la Sezione 22 della Legge sulla Protezione della Vita Durante la Gravidanza punisce l'aborto con una pena fino a 14 anni di carcere, inclusi i casi di stupro, incesto, anomalie fetali fatali, e rischi seri per la salute della madre. Dall'altro lato, la legge non definisce cosa costituisca “rischio reale e sostanziale” per la vita della madre incinta. Le donne sono soggette ad un eccessivo livello di scrutinio da parte dei professionisti sanitari, il che porta a ulteriori sofferenze mentali. Soltanto le donne che possono sostenere il viaggio possono tentare di abortire all'estero, il che comporta discriminazione nell'impatto della legge. Inoltre, la legge impone anche sanzioni penali ai servizi sanitari che informano le donne sul funzionamento dei servizi fuori dall'Irlanda. Il Comitato ONU per i Diritti Umani ha espresso preoccupazione per questa situazione nelle sue osservazioni conclusive sull'Irlanda diffuse a luglio 2014, sollecitando lo stato, in particolare, a “rivedere la sua legislazione sull'aborto, inclusa la sua Costituzione, per stabilire ulteriori eccezioni in caso di stupro, incesto, rischi seri per la salute della madre o anomalie fetali fatali” e a fornire “più informazioni sulle possibilità disponibili nei casi di gravidanza critica attraverso vari canali, e assicurare che i servizi sanitari che danno le informazioni sui servizi per abortire in sicurezza all'estero non siano soggetti a sanzioni penali.”
Italia
L'aborto in Italia è regolamentato dalla legge 194 del 1978, che consente alle donne di interrompere la loro gravidanza in strutture pubbliche durante i primi 90 giorni di gestazione e durante il quarto e il quinto mese per ragioni di salute. Tuttavia, ci sono preoccupazioni per il tasso molto alto di obiezione di coscienza: quasi sette su dieci tra i ginecologi appartenenti al Servizio Sanitario Nazionale al momento scelgono di non applicare tale procedura. Così, le donne che sono legalmente titolate ad interrompere la propria gravidanza possono essere obbligate a trasferirsi in un'altra struttura sanitaria, in Italia o all'estero, o a porre fine alla propria gravidanza senza il supporto e il controllo di autorità sanitarie competenti, o possono addirittura essere disincentivate dall'accedere al supporto dei servizi per l'aborto che sarebbero legalmente titolate a ricevere. Infatti, il Comitato Europeo per i Diritti Sociali del Consiglio d'Europa ha espresso ampia preoccupazione per questo alto tasso. In una decisione del 2013, questo ente ha affermato che la situazione è discriminatoria e viola il diritto alla salute.
Romania
Nonostante l'aborto sia al momento legale il Romania in certe circostanze, negli ultimissimi anni ci sono stati ripetuti tentativi di imporre limitazioni eccessive sull'accesso all'aborto alle spese dei diritti delle donne. Nel 2012 c'è stato un progetto di legge che ha cercato di rendere obbligatoria, per le donne intenzionate ad abortire, la frequenza ad una sessione di “counseling”. Durante tale sessione, le donne erano sottoposte alla visione di video e immagini che mostravano come l'aborto sia di fatto l'interruzione di una vita, dopo di che esse dovevano aspettare cinque giorni prima di poter accedere finalmente all'aborto. La proposta di legge, che non è passata nonostante un forte consenso, sostanzialmente mirava a scoraggiare le donne dal tentare di abortire attraverso la sottoposizione a immagini traumatizzanti e mettendo una serie di ostacoli nel loro percorso.
Noi vogliamo essere sicuri che nel futuro i diritti delle donne non siano messi in pericolo ancora una volta da iniziative analoghe.
Polonia
La legge polacca del 1993 sulla Pianificazione Familiare, la Protezione degli Embrioni e le Condizioni per l'Interruzione Legittima della Gravidanza è una delle leggi sull'aborto più restrittive in Europa. Alle donne che cercano di abortire per ragioni di salute è richiesto di presentare un certificato di uno specialista in un campo rilevante della medicina, o, nel caso di anormalità fetali, di uno specialista in difetti genetici; nei casi di stupro o incesto, è necessario un certificato di un procuratore. Sono previsti anche un intervallo di attesa obbligatoria di tre giorni e un counseling. Le donne al di sopra dei 18 anni devono compilare una richiesta scritta per abortire, mentre le minorenni devono esibire il consenso scritto del loro tutore legale o un permesso del tribunale se l'autorizzazione è negata. C'è una pesante tendenza dei medici e ospedali alla obiezione di coscienza e il sistema sanitario in questo settore è molto oneroso. Le impegnative vengono spesso rifiutate. Dal 2008 c'è la possibilità di richiedere l'opinione di un medico, ma la procedura è lunga e faticosa, rendendo così l'aborto in questi casi inaccessibile nella pratica. Tutti questi ostacoli e barriere rendono l'accesso per le donne ai servizi legali per abortire molto difficile, se non impossibile, nella pratica. La Corte Europea dei Diritti Umani ha riscontrato in tre importanti casi che le procedure e le pratiche dell'aborto in Polonia hanno violato i suoi obblighi nei confronti della Convenzione.
L'obiezione di coscienza è abusata da parte dei medici. Talvolta ci sono interi ospedali che fanno affidamento sull'obiezione di coscienza per rifiutare la possibilità di abortire legalmente all'interno delle loro strutture. Mancano ancora meccanismi efficaci per controllare le decisioni dei medici. Le attuali disposizioni previste dalla Legge sui Diritti del Paziente hanno introdotto sulla scia della sentenza Tysiac v. Polonia l'impossibilità di realizzare interventi efficaci per portare la decisione di un medico di fronte al Comitato Medico. L'esecuzione di questa sentenza è ancora soggetta al controllo del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.
Grecia
Le condizioni per abortire in Grecia sono descritte nel Codice Penale, ed esprimono la disapprovazione morale dell'atto. La disposizione 304 del Codice Penale descrive quattro situazioni in cui l'aborto è legale: in tutti i casi entro le 12 settimane di gravidanza; prima della diciannovesima settimana, se la gravidanza è il risultato di un'azione criminale (stupro, ecc.); entro la ventiquattresima settimana se i test di screening prenatale mostrano gravi rischi per la salute del bambino; in ogni momento della gravidanza se ci sono serie minacce alla vita della madre o alla sua salute mentale.
I rischi in Grecia sono legati all'accesso ai contraccettivi e all'educazione sessuale, specialmente per gli adolescenti. Nel 2013 il Comitato ONU per la Lotta alla Discriminazione contro le Donne ha espresso preoccupazione per lo “scarsissimo ricorso a metodi di contraccezione efficaci e di qualità, che significa che le donne ricorrono all'aborto come metodo di pianificazione familiare,” sollecitando la Grecia a “migliorare e aumentare l'accesso, così come l'uso di efficaci ed abbordabili metodi di contraccezione, incluso il loro finanziamento.” D'altro canto, il Comitato ONU per i Diritti del Bambino ha rilevato “con preoccupazione la scarsa conoscenza tra gli adolescenti della salute riproduttiva,” sollecitando lo stato a “potenziare la disponibilità dei servizi di contraccezione e a promuovere l'educazione sessuale rivolta agli adolescenti.”
Bulgaria
In Bulgaria, le donne possono interrompere la loro gravidanza fino alla dodicesima settimana. Dopo, ed entro la ventesima, l'aborto è concesso solo nel caso in cui le donne soffrano di una malattia certificata che potrebbe mettere in pericolo la loro salute o vita o possibilità di sopravvivenza del feto. Dopo la ventesima settimana, l'aborto è consentito soltanto se la vita della donna è in pericolo o se ci sono evidenze di un grave handicap del feto. Come in Grecia, le questioni più preoccupanti in Bulgaria sono correlate alla mancanza di accesso ai servizi sanitari sessuali e riproduttivi e ad una contraccezione abbordabile. L'assicurazione sanitaria pubblica in Bulgaria non copre alcun metodo contraccettivo, né l'aborto, a meno che venga realizzato per questioni mediche. L'accesso all'aborto legale è limitato dalla legge, che richiede un'autorizzazione scritta dei genitori per le ragazze al di sotto dei 18 anni e dei tutori legali per le donne sotto tutela legale. L'interruzione di gravidanza per ragioni mediche deve essere autorizzata da una speciale commissione medica. Nel 2012, il Consiglio Economico e Sociale dell'ONU ha sollecitato lo stato ad “assicurare che i servizi per la salute sessuale e riproduttiva siano efficacemente accessibili agli adolescenti, e che tutte le donne e le ragazze incinta abbiano acceso all'assistenza medica specializzata.” Sempre nel 2012, il Comitato ONU per la Lotta alla Discriminazione contro le Donne ha richiamato la Bulgaria affinché “incrementi i suoi sforzi per promuovere un'educazione sistematica sui diritti alla salute sessuale e riproduttiva nei confronti dei giovani ragazzi e ragazze, incluse le scuole di formazione professionale, prestando particolare attenzione alla prevenzione della gravidanza precoce, e fornendo dei servizi per un'adeguata pianificazione familiare e contraccettivi abbordabili.” Raccomandazioni simili sono state emesse dal Comitato ONU per i Diritti del Bambino nelle sue osservazioni conclusive sulla Bulgaria nel 2008.
Conclusione
Vietare l'aborto o rendere impossibile nella pratica abortire in maniera sicura, anche quando è legale, non farà che rendere le vite delle donne ancora più difficili in situazioni di per sé angoscianti e complesse, e le metterà in pericolo. Mettere in difficoltà una donna non risolverà il suo caso complicato, ma piuttosto la spingerà certamente a rischiare la sua salute e la sua vita o a rivolgersi a stati più civili dove potrà accedere alla procedura. Se tieni alle vite delle donne e dei bambini non ancora nati, dovresti chiedere al Parlamento Europeo di adottare misure di garanzia affinché gli stati membri rispettino gli standard dei diritti umani, inclusa la facilitazione nell'accesso ai servizi per un aborto legale e sicuro per tutte le donne. Ogni paese dell'UE dovrebbe offrire un accesso alla contraccezione economicamente sostenibile e ai servizi di supporto per le donne in tutti gli stati membri, e quando l'aborto è una libera scelta della donna, i paesi devono assicurare che lei possa accedere in tempo e in maniera efficace alla procedura, in un ambiente sicuro e professionale, e senza barriere ingiustificate e pregiudizio.
Questa campagna è un'iniziativa delle seguenti organizzazioni della società civile: Rights Internaziontal Spain, Hungarian Civil Liberties Union, la Coalizione Italiana per i Diritti Civili e Politici (CILD), Human Rights Monitoring Institute (Lithuania), Polish Helsinki Foundation for Human Rights, Association for the Defense of Human Rights in Romania-the Helsinki Committee (APADOR-CH), Hellenic League for Human Rights, Greek Helsinki Monitor, Bulgarian Helsinki Committee.