Il bambino di Denitsa Panayotova è scoppiato a piangere mentre lei si trovava in un centro commerciale di Sofia nell'agosto 2014. La donna ha iniziato ad allattarlo, ma subito l'agente della sicurezza del centro commerciale si è avvicinato e le ha chiesto di smettere.
“Il mio bambino piangeva perché era stanco e affamato. La mia reazione naturale è stata di attaccarlo al seno per farlo calmare. Non ho mai pensato che questo potesse essere sgradevole,” ha affermato Panayotova.
Subito dopo aver ricevuto la richiesta di smettere di allattare suo figlio, Panayotova ha presentato un reclamo alla direzione del centro commerciale. Il capo della sicurezza le ha detto che allattare in quel luogo non era permesso, perché la vista di quel gesto poteva disturbare altri clienti.
Panayotova non ha mai ricevuto una risposta scritta al suo reclamo. La donna ha descritto la situazione come profondamente umiliante, poiché stava soltanto cercando di prendersi cura di suo figlio.
'Vittime soltanto le donne'
Il Bulgarian Helsinki Committee rappresenterà Panayotova nella causa contro il centro commerciale e in particolare contro il negozio in cui è avvenuto il fatto.
In termini giuridici, il caso è un esempio di discriminazione di genere ai sensi della Legge sulla Protezione contro la Discriminazione. Allattare in pubblico dovrebbe essere considerato un comportamento naturale di una madre quando il bambino lo richiede.
“Limitare questo diritto è un atto esplicito di discriminazione di genere, poiché le vittime sono soltanto le donne,” ha dichiarato Adela Kachaunova, avvocato del Programma di Monitoraggio e Ricerca di BHC. “Impedire l'allattamento in pubblico viola l'articolo 32, paragrafo 1, della Costituzione della Repubblica Bulgara, che prevede la non-interferenza nella privacy dei cittadini e la protezione del loro onore, dignità e reputazione.”
Secondo il procuratore Daniela Fartunova, le corti internazionali sono ampiamente a favore del diritto delle donne di allattare i loro bambini quando e dove vogliono.
“Il diritto di ogni persona alla vita privata e familiare è tutelato dall'articolo 8 della Convenzione Europea sui Diritti Umani,” ha dichiarato.