Bologna ha seguito l'esempio di Torino e ha approvato un ordine del giorno per sospendere l'applicazione del cosiddetto Decreto Salvini su immigrazione e sicurezza, per rivalutare il suo impatto economico, sociale e in termini di sicurezza.
Assessore di Bologna: il Comune porterà avanti il sistema SPRAR
“Bologna non abdicherà al modello dell’integrazione diffusa dello SPRAR. La sospensione richiesta dal Consiglio comunale di Bologna fa il palio con quanto successo a Torino qualche giorno fa. Solo che, diversamente da Torino, dove il Movimento5Stelle che amministra e governa la città ha votato favorevolmente alla sospensione del decreto, qui a Bologna 4 gruppi politici di maggioranza e di opposizione hanno sostenuto la votazione. Lega contraria. M5S astenuto”, ha scritto Marco Lombardo, assessore al Lavoro, Attività Produttive, Relazioni europee e internazionali, Cooperazione internazionale, ONG, Politiche per il Terzo Settore del Comune di Bologna.
L’ordine del giorno afferma che il Comune di Bologna e la Città Metropolitana, come molte realtà territoriali, “hanno messo in campo efficaci azioni volte all'implementazione di una solida e diffusa rete di accoglienza SPRAR e ad una distribuzione equa e sostenibile delle persone accolte su tutto il territorio e non solo nelle grandi aree urbane”.
Bologna è capofila nell'accoglienza dei nuovi arrivi
Il Comune di Bologna è capofila nell'ambito metropolitano del progetto Sprar. Il progetto coinvolge 43 comuni su 45, mettendo a disposizione 870 posti per nuclei e adulti, di cui 49 posti per adulti vulnerabili e 208 posti per minori stranieri non accompagnati. Questi posti sono distribuiti in 114 piccole strutture, a cui si aggiungono 80 posti in prima accoglienza per minori non accompagnati distribuiti in 4 strutture.
Decreto Salvini priverebbe il 75% delle persone dei requisiti per l'accoglienza
Nell’area metropolitana di Bologna risultano accolte circa 2.500 persone nei Centri di accoglienza, di cui 1.078 nel sistema Sprar. Ma con l'applicazione del Decreto Salvini, circa il 75% sarebbero prive dei titoli per poter usufruire del sistema, che è volto a garantire percorsi di autonomia e ad incoraggiare la convivenza civile con le comunità locali. Il decreto pone rischi per la legalità e porta ad un aumento del numero di persone prive di assistenza e dimora, soprattutto nel centro della città, con conseguente ricaduta sui servizi di bassa soglia.
I costi del decreto peserebbero sproporzionatamente sugli enti locali
L'ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha stimato in 280 milioni di euro i costi amministrativi per l'assistenza alle persone vulnerabili, che ricadrebbero sui servizi sociali e sanitari dei comuni anziché sul sistema nazionale.