La legge Dupont, approvata dieci anni fa, nel gennaio 2005, aveva fatto sperare ai detenuti belgi di poter ricevere un trattamento migliore. Tuttora la legge resta in gran parte sulla carta, nonostante le crescenti pressioni della società civile e le sentenze che condannano il paese per le condizioni di trattamento dei detenuti.
Il principio sottostante alla legge, che prende il nome dal docente che presiedeva la commissione che l'ha presentata, è che i detenuti restano cittadini e soggetti giuridici titolari dei loro diritti. Essa fa propria inoltre la filosofia che la pena del detenuto consista soltanto nella privazione della libertà di movimento e che ulteriori misure punitive non possano essere aggiunte ad essa, pertanto è essenziale fare tutti gli sforzi possibili per assicurare che i detenuti non subiscano effetti negativi dalla detenzione.
La legge non solo riconosce vari diritti fondamentali ai detenuti, ma intende anche rafforzarli. Tra le altre cose, stabilisce e precisa le condizioni di vita in carcere, compresi l'obbligo di lavorare, la salute e le visite, modifica il sistema disciplinare per i detenuti e introduce il diritto di reclamo da parte loro.
Ci siamo stancati di aspettare! Quasi la metà delle norme votate negli ultimi dieci anni non sono state attuate. Alcune di queste sono fondamentali, specialmente quelle collegate al diritto a presentare dei reclami o ad un progetto individuale di trattamento.
Nell'ottobre 2013 il Tribunale di Primo Grado di Bruxelles ha condannato il governo belga per danni ad un detenuto, riscontrando la mancata applicazione della legge. Il governo non ha presentato una risposta ufficiale a quella sentenza.
Quello che stiamo celebrando questo mese, sfortunatamente e prima di tutto, è la negligenza dei nostri politici che dicevano di voler intervenire sul vuoto legislativo che caratterizza la vita in carcere, ma che non hanno avuto il coraggio di realizzare concretamente questa riforma. Con l'approvazione della legge a seguito di attente considerazioni e un ampio consenso parlamentare, la legislatura ha riconosciuto che un cambiamento era necessario, ma dopo dieci anni l'implementazione di questo cambiamento è ancora in gran parte inattuata.
Come la Corte Europea ci ricorda, “i diritti non possono fermarsi alle porte del carcere.” In Belgio, invece, sembra che questo avvenga ancora molto di frequente.
Le organizzazioni che hanno contribuito a questo articolo sono: Trade Union Association of Magistrates, League of Human Rights, Internazional Observatory on Prisons e Avocats.be