Il Belgio rifiuta il visto alla famiglia siriana a Beirut
Nel 2016 il governo belga ha rifiutato di concedere il visto ad una famiglia siriana sopravvissuta alle bombe ed al fuoco incrociato ad Aleppo. La famiglia era stata costretta all'esilio a Beirut, dove hanno contattato l'ambasciata belga. La famiglia ha presentato ricorso all'Allian Litigation Council e ha vinto, ma il Belgio ha comunque rifiutato di concedere il visto alla famiglia. La famiglia ha deciso di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Undici Stati membri e cinque ONG sono intervenuti nel procedimento e il caso è stato portato alla Grande Camera. L'udienza si svolgerà il 24 aprile 2019 a Strasburgo.
La Corte decide se il Belgio avrebbe dovuto essere responsabile per la famiglia
La Corte deve decidere su tre importanti questioni: in primo luogo, lo Stato belga era obbligato a rispettare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), anche se la famiglia non si trovava sul territorio belga? In secondo luogo, il Belgio ha violato l'Articolo 3 della CEDU, che proibisce la tortura e i trattamenti inumani e degradanti, rifiutando deliberatamente l'aiuto ai genitori e ai due bambini mentre erano ad Aleppo? E in terzo luogo, il Belgio ha violato il diritto a garantire l’accesso alla giustizia per non aver concesso il visto alla famiglia, anche dopo che l'Aliens Litigation Council gli ha ordinato di farlo?
La Segreteria di Stato belga per l'Asilo e la Migrazione ha potere discrezionale sui visti umanitari e non è obbligata a concederli per legge. Ma la domanda è: quali dovrebbero essere i limiti di questo potere esecutivo e come dovrebbe essere condotto, affinché tuteli anche i diritti fondamentali.
I membri sostengono il Belgio, le ONG sostengono la famiglia
Gli undici Stati membri del Consiglio d'Europa hanno affermato che il Belgio non può essere ritenuto responsabile per eventi verificatisi al di fuori del proprio territorio.
Invece, cinque ONG sono intervenute dall'altra parte del dibattito. La loro posizione stabilisce che, dal momento in cui la famiglia si è recata all'ambasciata belga, il Belgio è diventato responsabile della loro sicurezza. Affermare che il Belgio non era responsabile perché la famiglia non era sul loro territorio, significa ammettere che le persone le cui vite sono in pericolo, devono passare attraverso trafficanti e rotte d’esilio, a volte mortali, per rivendicare il loro diritto alla protezione. Questo è inaccettabile. Siamo tutti responsabili nel garantire percorsi sicuri e legali verso l'Europa. Spetta ora alla Corte europea dei diritti dell'uomo decidere.
Una manifestazione di cittadini impegnati si svolgerà dinanzi alla Corte durante l'udienza, con la partecipazione di oltre un centinaio di persone. Un pullman gratuito trasporterà i manifestanti da Bruxelles a Strasburgo.
Firmatari: Ligue des Droits Humains, International Federation for Human Rights (FIDH), Liga voor Mensenrechten, Migreurop, Plateforme Citoyenne de Soutien aux Réfugiés, CNCD-11.11.11, CIRÉ, Mouvement ouvrier Chrétien (MOC), Aide aux Personnes Déplacées, Défense des enfants – Belgium, Service droit des jeunes, Collectif pour une autre politique migratoire, Comité pour l’abolition des dettes illégitimes (CADTM), Groupe d’information et de soutien des immigrés (GISTI), Point d’Appui asbl, Collectif contre les Rafles, les Expulsions et pour la Régularisation (CRER), ATTAC Bruxelles 1, ATTAC Bruxelles 2, AtMOsphères.
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