Ad un certo punto della propria vita, una persona su quattro si trova a fronteggiare un disordine o malattia mentale. Al momento, questi problemi affliggono circa mezzo miliardo di persone – il che significa che i disturbi mentali sono una delle cause principali di malattia nel mondo. Questo, a sua volta, significa che una malattia o disabilità mentale affliggerà, probabilmente, una o più persone attorno a noi – inclusi noi stessi. Ma sebbene sia possibile curare praticamente tutte le malattie mentali con successo, circa due terzi di coloro che ne sono afflitti non hanno mai tentato di ricorrere ad un trattamento. Secondo gli esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, stigma, discriminazione e abnegazione costituiscono tutti ostacoli per ottenere un aiuto adeguato. Tuttavia, sembrerebbe che la paura di andare da uno psichiatra o di essere trattati in un ospedale psichiatrico è comprensibile – una volta che vi si è ammessi, diventa subito chiaro che i diritti fondamentali non sono applicati in questi luoghi. Non solo non vieni consultato sulle opzioni trattamentali o sui possibili effetti indesiderati, ma il trattamento in sé è molto più lungo rispetto a malattie somatiche – e in quelle lunghe settimane o mesi di trattamento, non hai a disposizione nemmeno un posto in cui parlare in privato con i tuoi familiari che vengono in visita. Non hai neppure la possibilità di chiudere la porta del bagno.
Gli ospedali psichiatrici sono più temibili del carcere
A seguito dell'ispezione nella clinica psichiatrica presso il Republican Šiauliai Hospital, l'ombudsman del Seimas (Parlamento) ha scoperto che i diritti umani vengono sistematicamente e costantemente violati nelle istituzioni sanitarie.
L'Ombudsman Augustinas Normantas ha riscontrato che tali strutture non garantiscono un ambiente sano per i pazienti e per lo staff. I pazienti della clinica psichiatrica non vengono informati del loro trattamento e della sua efficacia. Non ricevono informazioni sui farmaci somministrati o sulla possibilità di rifiutare l'intervento medico, e quelli che sono stati ospedalizzati senza la loro volontà non hanno la possibilità di impugnare le decisioni dei tribunali perché non possono assistere alle udienze.
Inoltre, le procedure per l'applicazione e l'interruzione di qualunque misura speciale per i pazienti non funzionano ancora correttamente.
La situazione è stagnante
Sfortunatamente, il direttore della clinica psichiatrica presso il Republican Šiauliai Hospital ha deriso le conclusioni riguardanti la violazione dei diritti dei pazienti. La direzione dell'ospedale ha formato una commissione investigativa per analizzare le conclusioni dell'Ombudsman del Seimas, ma come si può vedere dai commenti apertamente offensivi pubblicati dalla stampa locale, quello che essa intende fare è negare piuttosto che analizzare i risultati perché, ovviamente, non ci sono violazioni, non potrebbero esserci violazioni e la legge non consente abusi. Che cosa vi ricorda tutto questo? A me riporta alla mente l'era sovietica.
Circa una decina di anni fa la stessa istituzione è stata visita da un gruppo indipendente di psichiatri, avvocati e psicologi. Esperti di quattro ONG – lo Human Rights Monitoring Institute, il Global Initiative on Psychiatry (ora Mental Health Perspectives), "Viltis" (un'associazione lituana di sostegno alle persone con disabilità mentale) e il Vilnius Centre for Psychosocial Rehabilitation - hanno visitato tutti gli ospedali psichiatrici della Lituania con l'intento di raccogliere informazioni di prima mano affidabili sugli effettivi problemi riguardanti i diritti umani e per incoraggiare queste istituzioni ad applicare gli standard internazionali sui diritti umani, per migliorare le condizioni dei ristretti e prevenire le violazioni dei diritti umani. L'impegno nazionale era parte di un'indagine internazionale più ampia che mirava a monitorare il rispetto della dignità umana, insieme ai diritti e alle libertà fondamentali, nelle istituzioni chiuse che trattano la salute mentale.
Molte violazioni di diritti umani sono state scoperte in quell'occasione – violazioni del diritto all'informazione, del diritto al rispetto della vita privata, del diritto di proprietà, della libertà di movimento e anche del divieto di tortura e trattamenti inumani. Non abbiamo riscontrato alcuna pratica di informazione del paziente sulla sua malattia, sulla terapia prescritta, sui relativi effetti, sul rischio potenziale di effetti indesiderati. Il personale considerava il dare informazioni ai pazienti sulle loro malattie come una potenziale minaccia alla loro condizione.
L'indagine ha rivelato che gli ospedali psichiatrici limitano al massimo il diritto dei loro pazienti al rispetto della privacy, diritto che è praticamente inesistente nelle corsie per il trattamento intensivo. Non rispettando le disposizioni riguardanti la collocazione dei pazienti nelle camere e, al contempo, non consentendo loro di stare in solitudine quando lo desiderano, queste disposizioni non rispettano le previsioni riguardanti la tutela dei dati personali dei pazienti e non danno loro la possibilità di adottare misure igieniche o di usare il telefono in privato.
Trattamento inumano in ospedale – una circostanza quotidiana?
E' stato rilevato che, a discrezione del personale, ai pazienti non è permesso tenere telefoni cellulari e devono invece usare i telefoni a pagamento in pubblico – e anche in quel caso, solo se i pazienti stessi dispongono di una carta prepagata. Si può immaginare quanto sia spiacevole parlare con i propri cari mentre, sostanzialmente, metà del reparto segue la conversazione. Comunque, ciò che probabilmente mi ha scioccato di più è stato il fatto che le persone vengono semplicemente umiliate. Per esempio, non sei autorizzato a farti una doccia nel reparto a trattamento intensivo – puoi farti il bagno soltanto due volte alla settimana. Una donna che aveva partorito di recente e soffriva di depressione e di psicosi post-partum non era autorizzata ad utilizzare la doccia nella sezione comune – nonostante il fatto che condizioni fisiche le impedissero di farsi il bagno. In un altro ospedale, una sezione aveva due bagni, la doccia, i sanitari e le strutture per fumatori, tutte installate in una stanza singola senza alcun divisorio – Voglio dire, dopo tutto, i pazienti danno così tanto peso alla loro privacy? E allora perché preoccuparsene?
E' stato allora che ho capito che vedersi diagnosticata una malattia mentale o anche un disordine di breve durata marchia la persona come un dannato, il che significa che automaticamente cede tutti i suoi diritti. Ricordo – chiaramente come se fosse successo ieri – come, mentre discutevo i risultati dell'indagine in televisione, il direttore di uno dei principali ospedali psichiatrici sostenesse ad alta voce che era assurdo parlare con persone con malattie o disordini mentali. Nella sua mente, i “pazzi” non capiscono nulla e non è possibile fidarsi di loro. Un ex paziente di questo ospedale coinvolto nello studio ha affermato – con grande sofferenza – che sebbene fosse stato curato molto tempo prima, non avrebbe mai dimenticato l'umiliazione che aveva subito in quel luogo. E in tutto questo tempo non ho potuto smettere di pensare a quanto fossero orribili i muri marroncino-verde delle sezioni dei pazienti più gravi, dove una donna depressa mi disse – con un bisbiglio – che non pensava che sarebbe stata più in grado di lasciare quel posto.
Comparando i dati di quello studio con di dati del presente studio emerge che molte di quelle pratiche permangono tuttora. E' ancora accettato che la decisione sul trattamento involontario (o sulla sua continuazione) del paziente venga presa senza che questi sia presente all'udienza in tribunale. Dov'è il danno? Si tratta di una violazione dei diritti del paziente – sia del diritto ad un giusto processo che del diritto ad un trattamento adeguato (attraverso l'esecuzione di una sentenza che è basata soltanto su un'informazione parziale fornita da un esperto in salute mentale, senza considerare l'opinione del paziente sulla questione).
La pratica della cosiddetta “solidarietà professionale” - quando i medici, consapevoli che la diagnosi è sbagliata, non cercano di cambiarla, sono riluttanti a parlare di questi casi e prescrivono trattamenti in linea con la diagnosi errata – può essere totalmente sconcertante, ma è diventata una prassi del tutto normale.
Dato il contesto, è deplorevole, sebbene non necessariamente sorprendente, che il personale dell'ospedale – le sole persone che potrebbero aiutare, sostenere e provare a capire i pazienti – punisca i propri affidati in una miriade di modi: con le camicie di forza, legandoli ai loro letti, usando sedativi che possono farli sentire davvero male, facendo loro iniezioni, proibendo loro di bere caffè o fumare, modificando le loro diete in senso restrittivo – il che significa che viene posta un'ulteriore restrizione ai loro diritti e libertà (per esempio, forzandoli a indossare un camice da ospedale).
Parlando di divieto di tortura e trattamento inumano, la situazione che abbiamo rilevato è certamente tragica – molti ospedali psichiatrici lituani non dispongono di una procedura standardizzata per applicare l'isolamento fisico, gli strumenti di contenzione fisici e chimici, né prevedono un meccanismo per l'interruzione di tali misure. Nello stesso tempo, negli ospedali che prevedono tali procedure spesso sono stati riscontrati abusi delle stesse.
Infatti, è possibile contenere fisicamente (legandolo al letto) un paziente agitato, aggressivo, per un massimo di due ore – è anche necessario mantenere un contatto con lui durante questo intervallo e liberarlo immediatamente se la condizione migliora. Tuttavia, è stata rilevata la prassi di lasciare le persone legate per tutta la notte, senza che nessuno interagisse con loro – dando semplicemente loro grandi quantità di sedativi per alleviare la loro condizione. In quelle fasi, non sarebbero stati accuditi affatto (senza la somministrazione di terapie e addirittura senza essere accompagnati in bagno).
Così, ho pensato che questi problemi non potessero continuare ad essere trattati così e che la situazione si sarebbe risolta non appena avremmo iniziato a parlarne. Sfortunatamente, queste cose succedono ancora così come allora – di recente, una madre di un ragazzo acustico grave ha confidato ad un mio collega psichiatra dei terribili attacchi di panico che suo figlio ha ogni giorno mentre è legato per ore al letto.
Mentre adottiamo nuove tecnologie calpestiamo i diritti umani
Mentre la Lituania, a partire dalla sua indipendenza, continua ad adottare tecnologie e terapie mediche all'avanguardia, con strutture per la cura migliorate, contemporaneamente gli standard dei diritti umani sono lasciati ai margini. L'attuale Mental Health Strategy è stata predisposta circa dieci anni fa ed è fondata sui principi dei diritti umani – le sue pietre miliari sono la protezione della dignità del paziente, il dovere di informarlo e il diritto di scelta. Il futuro della psichiatria sta nel fornire servizi – non nell'isolare esseri umani e abusare della farmacoterapia. In che misura questa strategia è stata implementata?
Sei mesi fa ho partecipato alla discussione su questa strategia in Parlamento. Tutti i punti sono stati trattati – eccetto il primo, legato alla garanzia dei diritti umani nella fornitura di assistenza nel campo della salute mentale. Ero fortemente stupito. Alle mie domande è stato risposto con commenti su una ragazza ingenua incapace di comprendere la situazione – commenti sminuenti e paternalistici che sono ancora prevalenti nella Lituania di oggi.
Non sono sicuro che vedremo il giorno in cui gli psichiatri lituani smetteranno di guardare verso la Grande Patria – la Federazione Russa, un paese verso il quale per varie ragioni provano nostalgia. Quel paese in particolare crede nel principio che il medico sia tutto, mentre l'uomo (il paziente) sia niente. Gli specialisti occidentali della salute mentale comprendono quanto il principio paternalistico – secondo cui i pazienti non dovrebbero essere “sovraccaricati” di informazioni e nessuno dovrebbe chiedere la loro opinione – sia obsoleto e quanto demoralizzi i pazienti.
Ci sono molti modi per tutelare i diritti umani nel mondo, monitorando costantemente le persone con disabilità mentali e i loro medici, il che consente sia ai pazienti che ai medici di poter chiedere aiuto se necessario. Gli stessi specialisti della salute mentale scoprirebbero che il loro lavoro è agevolato dalla condivisione di responsabilità e dal coinvolgimento dei pazienti e delle loro famiglie attraverso l'unione degli sforzi, nel prendere le decisioni. Soltanto il monitoraggio e l'osservazione aiutano a capire se stiamo andando nella direzione giusta e quale direzione dobbiamo prendere se vogliamo migliorare – questo vale, naturalmente, se è quello che realmente vogliamo.
Così, questa ragazza ingenua spera che i nostri politici e funzionari inizino a considerare l'assistenza alla salute mentale come un campo dei diritti umani, come un campo che richiede l'implementazione degli standard europei e occidentali – ossia, intesi a proteggere l'essere umano. L'ambiente imprenditoriale non è l'unico a dover essere moderno, innovativo e flessibile – anche l'assistenza alla salute mentale dovrebbe essere in grado di riguardare tutti noi e centinaia di migliaia di pazienti che non sono meno meritevoli di flessibilità e di accedere alla modernità. E' paradossale che, finora, gli alti funzionari hanno miracolosamente aperto gli occhi soltanto di fronte alla malattia di una persona cara – poi, inorriditi dalla situazione vigente, si barcamenano per cercare delle eccezioni senza capire perché un membro della loro famiglia sia stato scaraventato nuovamente nella metà del XX secolo. Forse questi “convertiti” potrebbero trovare il coraggio di condividere le loro rivelazioni con i loro colleghi? Non soltanto per loro, intendiamoci – per tutti noi.
Scritto da Dovilė Šakalienė, direttore dello Human Rights Monitoring Institute