Siccome gli stati membri non hanno colto l'occasione di aggiornare le proprie leggi sulle pari opportunità, gli eurodeputati stanno sollecitando la Commissione UE ad introdurre una nuova normativa “che fornisca strumenti più efficaci per monitorare l'implementazione negli stati membri.”
La risoluzione è stata approvata con 344 voti a favore, 156 contrari e 68 astenuti.
“Lo stesso salario per lo stesso lavoro è un principio di giustizia che deve essere rispettato da tutti i datori di lavoro. Oggi non è così ed è per questo che abbiamo bisogno di una normativa nuova,” ha dichiarato la corrispondente Anna Záborská (EPP-SK)
Gli stati membri dell'UE sono spesso lenti nell'applicare e rinforzare il principio dello stesso salario e il divario retributivo e pensionistico tra i generi si aggirano ancora rispettivamente sul 16.4% e 38.5% in Europa, con significative differenze tra i paesi, si legge nel testo.
Soltanto in Olanda e in Francia il recepimento della direttiva del 2006 nella normativa nazionale sembra essere “sufficientemente chiaro e corretto,” secondo il rapporto della Commissione UE. Il divario contributivo tra i generi è più ampio in Estonia, Austria, Germania, Repubblica Ceca e Slovacchia e minore in Polonia, Italia, Malta e Slovenia.
Richiesta di sanzioni
Alla luce della mancanza di progressi nel colmare il divario contributivo tra i generi, gli eurodeputati propongono controlli obbligatori sulle retribuzioni nelle grandi imprese quotate in borsa ed eventuali sanzioni a livello europeo in caso di non conformità (ad esempio escludendo le imprese dai finanziamenti pubblici europei o prevedendo sanzioni economiche per i datori di lavoro che non rispettano l'uguaglianza dei salari).
Inoltre, la risoluzione chiede:
- omogeneizzazione della classificazione e valutazione del lavoro;
- criteri obiettivi per comparare il lavoro dello “stesso valore”;
- trasparenza nei salari (per rivelare il pregiudizio contro le donne e la discriminazione salariale);
- sostegno legale gratuito alle vittime di discriminazione;
- divieto di ogni forma di discriminazione in base all'orientamento sessuale e all'identità di genere;
- riconciliazione tra lavoro e vita privata (impedendo il licenziamento ingiusto in caso di gravidanza);
- misure positive per rafforzare la partecipazione delle donne nel processo decisionale.