Il Centro per la Memoria – Documenta commenta la sentenza sul caso di Radovan Karadžić.
Dopo cinque anni di processo e 18 mesi di dibattito sulle prove per decidere sulla colpevolezza o innocenza dell'imputato, la Camera di Primo Grado del Tribunale Penale Internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY) ha emesso la sentenza di primo grado sul caso di Radovan Karadžić, l'ex leader della “Repubblica Serba” (Republika Srpska), la parte Bosniaca dominata dai serbi (Republika Srpska).
Karadžić è stato riconosciuto colpevole e condannato a 40 anni di carcere.
Considerando le pene già imposte dall'ICTY in altri casi relativi a crimini commessi a Sarajevo, Prijedor e Srebrenica – e tenuto conto della responsabilità politica di Karadžić – le vittime si aspettavano che i giudici lo condannassero all'ergastolo.
Questa sentenza costituirebbe un passo importante per la
ricostruzione di fiducia soltanto se la sofferenza delle vittime
fosse riconosciuta dai politici, ma anche dalla società civile dei
paesi dell'ex Jugoslavia, compresi i rappresentanti eletti dalla
Repubblica Serba in Bosnia ed Erzegovina.
Quest'ultima dovrebbe – anziché intitolare, in maniera del tutto inopportuna, un campus universitario a chi è stato condannato per crimini di guerra – fare il possibile per risarcire le famiglie delle vittime.
Crimini contro l'umanità
Karadžić è stato condannato in base alla responsabilità penale individuale, nell'ambito di quattro imprese criminali collettive, per genocidio, crimini contro l'umanità (su tutti i capi di imputazione) e violazione delle leggi e dei principi di guerra (su tutti i capi):
- Genocidio contro gli abitanti di Srebrenica.
- Allontanamento permanente dei musulmani bosniaci e dei croati bosniaci dalle zone della Bosnia ed Erzegovina che la Serbia bosniaca si è accaparrata attraverso l'allontanamento forzato dei non serbi, l'organizzazione del sistema di violenza e di detenzione (50 istituti penitenziari), uccidendo in massa, saccheggiando le proprietà non serbe, utilizzando i prigionieri come scudi umani, distruggendo molte moschee, strutture religiose e monumenti culturali, fornendo frequentemente notizie false per creare un clima favorevole alla sistematica commissione di crimini con cui l'obiettivo di portare avanti l'impresa criminale collettiva è stato raggiunto.
- La realizzazione di una campagna di persecuzione e bombardamenti contro la popolazione civile di Sarajevo, con l'obiettivo di seminare il terrore.
- La presa in ostaggio di membri delle Nazioni Unite per obbligare la NATO ad astenersi da attacchi aerei su obiettivi militari serbo-bosniaci.
La Camera di Primo Grado ha assolto Karadžić dalle accuse di genocidio in sette municipalità (Bratunac, Foča, Ključ, Prijedor, Sanski Most, Vlasenica e Zvornik) in cui, secondo l'accusa, si era realizzata un'escalation di crimini a genocidio. (Il tribunale era giunto alla stessa conclusione in precedenza, nei casi Stakić and Brđanin.)
Radovan Karadžić, insieme a Mladić, agiva anche in
collaborazione con altri protagonisti dell'impresa criminale, tra
cui: Momčilo Krajišnik, Slobodan Milošević, Biljana Plavšić,
Nikola Koljević, Mićo Stanišić, Momčilo Mandić, Jovica
Stanišić, Franko Simatović, Željko Ražnjatović, Vojislav
Šešelj, Stanislav Galić e Dragomir Milošević. Il Tribunale ha
riconosciuto al di là di ogni ragionevole dubbio che Karadžić ha
usato direttamente le strutture politiche e statali serbo-bosniache,
i membri del Ministero degli Affari Interni, l'Esercito della
Republika Srpska, l'Esercito Popolare Jugoslavo, le Forze Jugoslave,
la Difesa Territoriale, il Ministro Serbo degli Affari Esteri, le
forze paramilitari serbe e le unità volontarie della Serbia e della
Bosnia, oltre ai Serbo-Bosniaci della zona.
Questo articolo è una stato scritto dall'organizzazione Documenta.