In Agosto un tribunale dell’Aia ha condannato una donna di 47 anni di Leiden per aver minacciato il Primo Ministro Rutte. La donna lo aveva pubblicamente minacciato di morte su Facebook raffigurandolo con un cappio al collo e aggiungendo parole minacciose.
“Se non possiamo impiccare Sylvana, allora impiccheremo questo figlio di puttana” con un’immagine del Primo Ministro Rutte con un cappio attorno al collo.
Facebook è un sito accessibile al pubblico e ogni visitatore può vedere il post. Utilizzando tale strumento pubblico, l’accusata ha fatto sapere all’opinione pubblica che desiderava che il Primo Ministro venisse impiccato. Quando l’ha fatto le era assolutamente chiaro che il Primo Ministro avrebbe potuto vedere il post, cosa che, in effetti, è avvenuta. Di conseguenza, il Primo Ministro ha sporto denuncia.
Per la difesa questo non costituisce una minaccia che possa ragionevolmente far temere il Primo Ministro per la propria vita.
Ma il tribunale non è d'accordo con tale lettura. Il post contiene un testo che non lascia molto all'immaginazione. Il messaggio è unito ad un'immagine che, anch’essa, non lascia molto all'immaginazione. La corte dunque ha ritenuto che, aver pubblicato tali contenuti su un sito pubblico, ha rappresentato realmente una minaccia che può aver ragionevolmente portato il primo ministro a temere per la propria vita.