Assoluzione dall'Alta corte nazionale
Nel primo caso, la seconda sezione della Camera giudiziaria penale ha portato a processo una persona per aver twittato messaggi potenzialmente offensivi tra il 2014 e il 2015. La corte ha premesso che non è suo compito quello di produrre richiami per "comportamenti antisociali".
Ha poi ricordato che la giurisprudenza ha limitato l'applicazione dell'articolo 578 del codice penale in merito all’apologia del terrorismo. Ha quindi basato le sue argomentazioni sulla decisione 378/2017 della Corte suprema del 25 maggio.
In base a tale decisione, oltre al requisito dell'intenzione o della motivazione individuale (incitamento, anche se indirettamente, ad atti di violenza,) esiste un altro prerequisito alla sua applicazione: l'esistenza di una potenziale situazione di pericolo per le persone, per i diritti o per il sistema stesso delle libertà civili.
Il tribunale ha quindi concluso che, in questo momento, data la sospensione delle attività armate da parte dell'ETA dal 2011, sono esclusi tutti i potenziali pericoli, compresi quelli astratti, e quindi l'unica conclusione possibile è l'assoluzione.
La Corte suprema conferma l'assoluzione
La prima sezione dell'Alta corte nazionale ha assolto un utente di Twitter per il reato di apologia del terrorismo per nove messaggi pubblicati tra il 2010 e il 2016. Il procuratore distrettuale (DA) ha impugnato tale decisione dinanzi alla Corte Suprema.
La Corte Suprema non era convinta delle argomentazioni del procuratore distrettuale. Secondo la Corte Suprema, è necessaria una sorta di incitamento, anche se indiretto (Decisione 112/2016 della Corte Costituzionale). In secondo luogo, oltre all'intenzionalità, i messaggi devono promuovere "anche se indirettamente, una situazione di pericolo" per le persone, i diritti o il sistema delle libertà civili (Decisione della Corte Costituzionale 112/1916 e Decisione della Corte Suprema 378/2017). La Corte Suprema ha evidenziato l'importanza di questo fattore obiettivo e determinante.
Nessun rischio di pericolo
La Corte ha fatto riferimento all'articolo 5 della direttiva (UE) 2017/541sul terrorismo e ha dichiarato che la norma europea richiede che la provocazione comporti anche il rischio di atti terroristici.
Questa conclusione deriva dalla considerazione 10, in cui si afferma: "[...] Tale condotta deve essere punibile se esiste il pericolo reale che vengano commessi atti terroristici. Nel valutare se esiste tale pericolo devono essere prese in considerazione le circostanze specifiche caso per caso, come l'autore e il destinatario del messaggio, nonché il contesto in cui viene commesso l'atto. La rilevanza e l’attendibilità del pericolo dovrebbero essere prese in considerazione anche nell’applicare la disposizione sulla provocazione pubblica in conformità con la legge nazionale "
Pertanto, l'interferenza con la libertà di espressione è considerata legittima quando le espressioni favoriscono o promuovono, anche indirettamente, una situazione di pericolo (anche se tale pericolo è astratto).
La Corte Suprema ha concluso che i tweet pubblicati dalla parte convenuta non hanno generato alcun rischio o pericolo del verificarsi di atti terroristici. Secondo la corte, il contesto in cui sono stati diffusi quei messaggi dimostra "uno spirito critico estraneo a qualsiasi incitamento violento".