I ricorrenti hanno sostenuto che gli ospedali si erano rifiutati di fornire cure mediche alle donne che volevano partorire in casa, dicendo che invece dovevano partorire i loro bambini in una clinica ostetrica.
La Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha riconosciuto che la legge lituana obbliga di fatto le donne a scegliere tra il parto in ospedale o il parto in casa senza supervisione medica. Sebbene il tribunale abbia convenuto che ciò equivaleva a una restrizione del diritto alla vita privata, la legge lituana lo prevede esplicitamente e, in quanto tale, le ricorrenti non potevano legittimamente aspettarsi che i medici venissero a casa loro.
La legge lituana spiega inoltre che sarebbero i medici professionisti ad avere conseguenze legali se aiuteranno a partorire nelle case delle donne, mentre alle donne stesse non era effettivamente vietato partorire a casa. Infine, il tribunale ha sottolineato che la Convenzione non obbliga i suoi firmatari a consentire nascite programmate a domicilio. Le pratiche variano da paese a paese.
In quanto tale, la Corte ha stabilito che non vi è stata una violazione dell'Articolo 8.