Nel 2013 Edward Snowden, ex analista dell'Agenzia per la Sicurezza Nazionale statunitense (NSA), ha rivelato che il governo USA stava usando programmi di sorveglianza di massa che consentono di accedere a conversazioni personali su Microsoft, Apple, Yahoo, Google, Facebook, PalTalk, AOL, Skype, YouTube a altre piattaforme.
In seguito è trapelato che dal 2010 i servizi di intelligence britannici stavano usando programmi simili, che consentivano loro di accedere alle comunicazioni quotidiane di centinaia di milioni di persone, alcune delle quali condivise con l'intelligence statunitense.
Per la Corte la sorveglianza di massa viola i diritti
In una recente sentenza, la Corte Europea dei Diritti Umani ha dichiarato che “la sorveglianza di massa da parte del governo britannico viola il diritto al rispetto della privacy e della vita familiare, come tutelate dall'Articolo 8 e la libertà di opinione, prescritta dall'Articolo 10 della Convenzione Europea sui Diritti Umani.”
La motivazione alla base della sentenza è che i metodi di raccolta dati e la mole di persone tracciate non venivano specificati in maniera sufficiente e mancavano regole su filtraggio, ricerca e selezione delle comunicazioni sottoposte a controllo. Secondo la sentenza, raccogliere non solo i dati sul traffico (per esempio la durata della chiamata), ma anche il contenuto delle comunicazioni che potevano essere monitorate (per esempio di fatto poteva essere letto il testo delle email), costituisce una grave invasione della privacy. La Corte ha dichiarato che il sistema di sorveglianza di massa non è, di per sé, una violazione, ma tale sistema deve rispettare rigidi criteri. Quanto attuato nel Regno Unito, invece, eccede il grado di interferenza che può essere considerato “necessario in una società democratica”.
HCLU coopera al caso ma non è pienamente soddisfatta del risultato
L'Hungarian Civil Liberties Union (HCLU) ha seguito e supportato il caso insieme ad altri alleati europei, americani, africani e asiatici, in particolare l'American Civil Liberties Union (ACLU), Amnesty International, Liberty, e Privacy International. Questa cooperazione senza precedenti dimostra che la rilevanza del caso va oltre quello che è accaduto nel Regno Unito, poiché tutti i governi – seppur a livelli differenti – ricorrono alla sorveglianza di massa. Quindi, la sentenza della Corte Europea sui Diritti Umani rappresenta un importante passo in avanti nella protezione della privacy e della libertà di opinione. Un caso come questo costituisce un precedente che può scoraggiare i governi dall'estendere in maniera ingiustificata la sorveglianza di massa, anche quando avrebbero la tecnologia per poterlo fare.
Tuttavia, HCLU non è pienamente soddisfatta della sentenza. Il motivo di tale insoddisfazione è che la corte di Strasburgo non ha ritenuto illegale la condivisione di dati ottenuti tramite sorveglianza di massa con i servizi di sicurezza di altri paesi senza alcuna garanzia (come è avvenuto tra Regno Unito e Stati Uniti).
“Continueremo a combattere per far sì che la sorveglianza di massa non diventi prioritaria rispetto alla protezione della privacy e della libertà di opinione”, ha concluso HCLU nel suo comunicato sulla sentenza CEDU.