Il professor Dejan Jović è stato rimosso dal suo ruolo di capo analista presso l'Ufficio del Presidente della Croazia dal Presidente Ivo Josipović all'inizio di ottobre. La causa della sua rimozione è il suo commento all'indipendenza della Croazia che ha pubblicato sull'edizione online di Politička misao (Pensiero Politico), una rivista scientifica che pubblica articoli di scienza politica.
Secondo la sua visione, diversamente dal recente referendum scozzese, il referendum del 1991 sull'indipendenza croata non è stato né giusto né libero, per via delle ripetute minacce di violenza e per l'insicurezza che hanno impedito agli oppositori (che in quel momento erano contrari alla completa indipendenza dalle ex-Repubbliche Jugoslave) di formulare e presentare la loro piattaforma e le loro ragioni.
La dichiarazione ufficiale dell'ufficio del presidente è stata breve e affermava che il presidente non era daccordo con il suo consulente su questa specifica questione e riguardo alla secessione democratica nonostante le circostanze estremamente pericolose che avrebbero potuto portare alla guerra.
Tuttavia, alcuni commentatori ritengono che mettere in discussione l'idea che ogni nazione miri all'indipendenza, squalificandola come un mito (come dimostrato dal recente referendum in Scozia), tocca un dogma profondamente radicato nella società croata fin dalla sua indipendenza. Il confronto fatto dal professore tra il referendum scozzese e quello tenuto in Jugoslavia prima del suo scioglimento ha innescato un acceso (per la maggior parte unilaterale) dibattito politico.
Attaccato per le sue opinioni
Il ruolo del professor Jović è stato duramente criticato dai partiti nazionalisti croati, mentre i “liberali” hanno silenziosamente preso le distanze dalla questione. Il professore è stato attaccato sia come persona che come esperto in tutti i principali media dai rappresentanti della maggior parte dei partiti e degli opinionisti, mentre i suoi colleghi della comunità accademica sono rimasti in silenzio e non hanno mostrato alcuna solidarietà al collega attaccato semplicemente per aver espresso le sue opinioni.
Si è pensato anche a un attacco per motivazioni etniche (il professor Jović appartiene alla minoranza serba presente in Croazia). La velocità con cui tutti hanno preso le distanze da lui, rendendolo politicamente un reietto in pochi giorni, è qualcosa che riporta alla mente il trattamento dei dissidenti nel blocco sovietico negli anni '60 e '70 – ironico, considerando il fatto che il leader del più grande partito politico dell'opposizione (quello che ha maggiormente criticato il professore) spesso parla di “oscura epoca comunista.”
Necessità di un dibattito approfondito
Il Centre for Peace Studies ha pubblicato una lettera di sostegno al professor Jović che ha spinto altri individui e gruppi a schierarsi pubblicamente contro i discorsi di incitamento all'odio. Nella lettera si evidenzia il fatto che non è ancora possibile discutere criticamente degli eventi del recente passato della Croazia senza provocare discorsi di incitamento all'odio e altre reazioni indesiderate.
La persecuzione di coloro che hanno opinioni divergenti è una pratica comune nel nostro sistema che dovremmo sforzarci di superare. E' ovvio che tali persecuzioni non possono finire con il professor Jović, anzi potrebbero facilmente diffondersi all'intera minoranza serba. Ed è per questo che la nostra lettera invita tutti gli osservatori silenziosi a condannare pubblicamente tali pratiche. Facendo questo, romperebbero il circolo vizioso di un discorso che non si fonda su un dibattito approfondito ma fa riferimento soltanto ad uno sfondo ideologico – modalità che è prevalente nella nostra società.
CPS spera che sia l'opinione pubblica che i professionisti si schierino in difesa delle argomentazioni contro la forza, la persecuzione e le tattiche di intimidazione come mezzi di comunicazione. Invitiamo tutti coloro le cui opinioni differiscono da quelle espresse dal professor Jović ad esprimerle pubblicamente nei contesti scientifici, politici o pubblici, anziché fomentare persecuzioni – la nostra nazione ha 23 anni ed è tempo di maturare.
Collaboratori: Petra Jurlina (CPS) e Marwan Zeitoun (CPS), Ottobre 2014, Zagabria, Croazia