Adolescente accusata di terrorismo multata per aver insultato i pubblici ministeri
Nel 2009, Eglė Kusaitė, all'epoca adolescente, è stata accusata di terrorismo e arrestata. I pubblici ministeri che hanno seguito il caso hanno sostenuto che Kusaitė aveva cercato di recarsi in Cecenia e di compiere un attentato suicida in una base militare. Nel 2013 è stata dichiarata colpevole di cospirazione per commettere un attacco terroristico ed è stata condannata a 10 mesi di carcere. Ma nel 2016 la Corte Suprema della Lituania ha ribaltato la decisione, dichiarando l'innocenza di Kusaitė e scoprendo che il personale dell'intelligence aveva cercato di indurla a commettere un crimine.
Durante la pausa di un'udienza del 2012, Kusaitė ha fatto un commento offensivo sui pubblici ministeri responsabili del caso, dicendo: "a mio parere, il pubblico ministero. . . . . . sta commettendo crimini. . . . . come possono uccidere le persone. . . . . L. e D. sono criminali". Il tribunale regionale di Vilnius ha risposto al commento avviando un procedimento contro Kusaitė per aver insultato i pubblici ministeri, multandola per 1.300 Litas (circa 380 euro). Secondo Kusaitė, la restrizione della sua libertà di espressione in quella particolare situazione era stata sproporzionata e i tribunali nazionali non hanno fornito argomentazioni adeguate e sufficienti a giustificarla.
Kusaitė ha presentato ricorso al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, con la rappresentanza dell'Istituto per il monitoraggio dei diritti umani.
L’UNHCR dice che la libertà di espressione dell'imputata è stata limitata
Nell'esaminare il caso, il Consiglio ha osservato che la condanna di Kusaitė per aver insultato i pubblici ministeri costituisce una restrizione alla sua libertà di espressione. Il Consiglio ha quindi cercato di determinare se tale restrizione fosse legittimamente giustificata. Nelle sue opinioni, ha affermato che è consentito limitare la libertà di espressione solo se necessario per rispettare i diritti e la reputazione altrui, o per proteggere la pubblica sicurezza, l'ordine pubblico, la salute pubblica o il buon costume. Il Consiglio ha sottolineato che la libertà di espressione non può essere separata dallo sviluppo personale ed è essenziale per qualsiasi società.
Secondo il Consiglio, i tribunali non hanno tenuto sufficientemente conto del fatto che l'imputata ha formulato tali osservazioni insultanti nel corso di un procedimento penale durante il quale è stata oggetto di gravi accuse. L'incidente non poteva essere considerato "il più grave dei casi" e, in quanto tale, la restrizione era sproporzionata e ingiustificata.
Infine, il Consiglio ha osservato che "gli Stati parti dovrebbero considerare la depenalizzazione della diffamazione e, in ogni caso, l'applicazione del diritto penale dovrebbe essere preso in considerazione solo nei casi più gravi".
Le conclusioni del Consiglio sono disponibili integralmente qui.