Il 18 ottobre, presso la sede del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) la Fondazione Leone Moressa ha presentato la 7a edizione della sua Relazione annuale sull'economia dell'immigrazione "La dimensione internazionale delle migrazioni", pubblicata con il contributo di CGIA Mestre e con la sponsorizzazione di OIM e MAECI.
Secondo i dati forniti dalla Fondazione Moressa, in Italia risiedono 5 milioni di immigrati regolari. Di questi 47,8% sono occupati e nel 2016 hanno portato all'economia italiana 130 miliardi di euro, ovvero l’8,9% del PIL nazionale. Da questo punto di vista possiamo cominciare a comprendere quale grossa parte i migranti giochino nella forza lavoro italiana: rispetto ai PIL degli altri paesi europei, i lavoratori stranieri in Italia costituiscono la 17a più grande popolazione produttiva, davanti a paesi come Croazia e Ungheria.
I migranti non rubano il lavoro
I dati presentati nel rapporto aiutano a demolire alcuni argomenti centrali della narrazione anti-migrazione.
I migranti non rubano posti di lavoro agli italiani; piuttosto, gli italiani e gli immigrati tendono a lavorare in campi diversi. Tra gli immigrati, solo l'11% possiede una laurea, mentre tra i giovani italiani questa percentuale è del 31%; ciò conduce a differenti occupazioni, con il 37% degli stranieri occupati in posizioni non qualificate (contro l'8% degli italiani) e con gli italiani che svolgono un lavoro qualificato per il 38% (contro il 7% degli stranieri).
Come ricordato da Tito Boeri, presidente del sistema pensionistico italiano, che ha preso la parola nel corso della presentazione, i lavoratori stranieri sono fondamentali per le pensioni italiane. L'Italia, infatti, con un tasso di natalità negativo, è un paese che sta progressivamente invecchiando. Attualmente si registrano in media sette nascite e undici morti per mille abitanti ogni giorno. I lavoratori immigrati, pagando 11,5 miliardi di contributi, forniscono dunque un saldo positivo per i fondi INPS.
Una fotografia dell’integrazione in Italia
Come afferma il rapporto, i lavoratori stranieri sono più presenti nel nord del paese, con il 59% di presenze proprio al nord. Seguono le regioni centrali e quelle dell'Italia meridionale, rispettivamente con il 26,1% e il 14,9% di presenze. Lombardia ed Emilia-Romagna sono le due regioni con la più alta quota di lavoratori stranieri - in Emilia-Romagna, il contributo dei lavoratori stranieri al PIL è il più alto in Italia.
I dati indicano che oltre il 30% degli immigrati regolari in Italia svolge un lavoro manuale non qualificato. Dei 130 miliardi di euro del prodotto interno lordo generato dai lavoratori immigrati, quasi la metà viene dal settore dei servizi, mentre il settore manifatturiero, nel quale è impiegato il 17,5% degli stranieri, produce almeno 26 miliardi di euro.
Nel settore delle costruzioni il PIL prodotto dagli immigrati ammonta a 12 miliardi di euro, nel settore commerciale per 11 miliardi di euro e servizi alberghieri e ristoranti quasi per 10 miliardi di euro.
Aiuti a casa
Oltre a dimostrare l'impatto economico e fiscale dell'immigrazione in Italia, l'edizione 2017 di questa relazione approfondisce la situazione internazionale e colloca l'esperienza italiana in un contesto più ampio. Ci sono 250 milioni di migranti internazionali in tutto il mondo e di questi oltre 65 milioni sono migranti forzati. In Europa, nel 2016 sono state registrate più di un milione di richieste di asilo, di cui quasi il 60% sono stato registrate in Germania.
Un aspetto interessante che emerge dai dati forniti dalla Fondazione e sottolineato dai rappresentanti dell'OIM e dell'UNHCR che hanno partecipato alla presentazione, sono i dati relativi ai soldi inviati dai lavoratori stranieri in Italia verso i loro paesi d'origine.
Nel 2016, tali importi sono stati pari a 5,1 miliardi di euro, vale a dire lo 0,30% del PIL, con impatti positivi nei paesi beneficiari, dalla Moldavia al Senegal alle Filippine, pari a decine di punti percentuali nei PIL dei paesi di destinazione. Questa cifra è di molto superiore all'ammontare destinato dal governo italiano all'aiuto pubblico allo sviluppo, che nell'anno scorso è stato di appena 2,9 miliardi di euro, pari allo 0,17% del PIL italiano.