I paesi UE regolarmente alzano la voce quando i governi esterni all’Unione violano questi standard. E non hanno paura di criticarsi l’un l’altro in contesti come l’Onu o il Consiglio d’Europa. Ma i governi UE hanno sempre mantenuto il reciproco silenzio sulla situazione dei diritti nei rispettivi paesi durante gli incontri a Bruxelles. Ora però il tabù è stato rotto, come ha affermato Bert Koenders, ministro degli affari esteri in Olanda.
Vicolo cieco
La Commissione Europea, che da oltre un anno ha avviato dialoghi con il governo polacco, ha avuto scarso successo nel far fare un passo indietro a Varsavia riguardo a una serie di pericolose riforme. Alla fine dello scorso anno, la Commissione ha inviato al governo una serie di raccomandazioni, che rappresentano l’ultimo passo della “procedura dello stato di diritto” – una procedura di dialogo strutturata in tre fasi. Il governo polacco ha respinto queste raccomandazioni, tuttavia, lasciando la Commissione in un vicolo cieco. La procedura dello stato di diritto è stata prevista come preludio ai meccanismi di sanzionamento di cui all’Articolo 7 del Trattato UE. Ma la Commissione era riluttante ad attivare l’Articolo 7 per via della mancanza di sostegno dei governi, necessario all’interno del Consiglio UE.
Nel tentativo di mantenere la pressione sul governo polacco, la Commissione è riuscita a inserire la questione nell’agenda di ieri del Consiglio sotto la voce “altre questioni”. Dopo che la Commissione ha informato i governi UE sui suoi risultati, sembra che la grande maggioranza dei ministri abbia sottolineato che tutti i governi UE devono rispettare lo stato di diritto. Anche se il verbale formale dell’incontro deve ancora essere pubblicato, sembra che la maggior parte dei ministri abbia dichiarato di sostenere le indagini della Commissione e sollecitato il governo polacco a riaprire i dialoghi e tenere in considerazione le raccomandazioni della Commissione. Purtroppo, i governi sembrano più inclini ad esprimere sostegno per i valori UE in astratto piuttosto che mettere in discussione specifiche riforme problematiche e quello che i governi dovrebbero fare per rivederle nell’ottica del rispetto dei principi UE.
Prossimi passi
Quando è stato chiesto quali prove ci fossero che la Polonia fosse disposta a riaprire i negoziati, Frans Timmermans, primo vice-presidente della Commissione Europea, è sembrato ottimista sul fatto che la pressione dei suoi pari ieri avrebbe potuto spingere Varsavia a cambiare rotta. Timmermans non si è spinto ad ipotizzare quali passi intenda fare qualora il governo polacco si rifiutasse di cooperare, ma ha affermato che tutte le opzioni restano aperte. Alcuni ministri hanno suggerito che il Consiglio tenga un occhio aperto sugli sviluppi e che la Polonia ritorni in agenda nei prossimi mesi in modo che i governi possano verificare se Varsavia avrà collaborato con la Commissione.
Se ciò avvenisse, contribuirebbe a mantenere pressioni sul governo polacco. Anche se il governo sa che è improbabile che venga attivato l’Articolo 7, i ministri a Bruxelles continuano a preoccuparsi della loro reputazione. Essere etichettato come soggetto che viola diritti potrebbe allontanare possibili alleati in Consiglio che altrimenti potrebbero collaborare nei negoziati e si è detto che i governi che violano i valori dell’UE potrebbero vedere il loro accesso ai finanziamenti dell’Unione bloccati in base a nuove regole che potrebbero essere introdotte da nuove riforme dell’Unione.
Conseguenze a lungo termine
Sostenendo la Commissione, la maggioranza dei governi UE potrebbe aver contribuito a segnare un punto a favore di Timmermans. Quando la Commissione ha avviato la “procedura dello stato di diritto” (lo strumento che ha usato per analizzare la situazione in Polonia) alcuni governi hanno messo in dubbio la sua legittimità. Al fastidio di molte capitali, il servizio giuridico del Consiglio ha prodotto un parere legale piuttosto fragile sostenendo che la Commissione è andata oltre i suoi poteri, sebbene sia difficile trovare supporto a tale posizione tra gli esperti legali UE. Se il Consiglio dovesse chiedere formalmente alla Polonia di collaborare con la Commissione, questo significherebbe approvare ufficialmente una procedura, e la questione sarebbe sistemata.
Il vice primo ministro belga, Dider Reynders, ha ripresentato la sua richiesta di un meccanismo che preveda l’esame periodico di tutti i paesi UE, per verificare la loro conformità allo stato di diritto. Questo contribuirebbe a superare la riluttanza di alcuni governi ad individuare i paesi problematici e aiuterebbe l’UE a individuare e affrontare i problemi in fase iniziale. Liberties lo aveva proposto in passato e i lettori possono trovare un approfondimento su come potrebbe funzionare questo meccanismo a questo link.