Nella relazione del 2018 il Garante nazionale ha rivelato che occorre vigilare sui diritti delle persone detenute o quelle private diversamente della loro libertà. Ciò è particolarmente vero per le persone che hanno temporaneamente e arbitrariamente perso il diritto di muoversi liberamente. Nel corso del 2018 il Garante nazionale ha visitato centinaia di strutture di detenzione, tra cui carceri per adulti, centri di detenzione minorile, le camere di sicurezza delle Forze di polizia, strutture psichiatriche protette, reparti di medicina protetta per persone che necessitano cure, centri di detenzione per migranti, hotspot e persino una nave.
Il Garante nazionale, Mauro Palma, ha anche monitorato trentaquattro voli di rimpatrio forzato, in particolare verso la Tunisia, la Nigeria e l’Egitto. Secondo i dati forniti dal Garante, sono state rimpatriate in totale 6.398 persone. Il rimpatrio, tuttavia, rischia di violare il principio di non rinviare le persone verso Paesi in cui possano essere a rischio di trattamenti inumani o degradanti se non di tortura.
Molte questioni relative alla detenzione di giovani migranti
Durante la sua presentazione sulla relazione, il Garante nazionale ha sottolineato che “non è possibile guardare positivamente la riduzione della pressione sul nostro Paese della migrazione verso il continente europeo senza rivolgere lo stesso sguardo al numero di morti in mare. E continuiamo a illuderci di non sapere quali siano le condizioni sofferte dai migranti nel Paese da cui partono.”
La relazione ha inoltre prestato particolare attenzione ai minori stranieri non accompagnati. Anche se il numero di minori non accompagnati giunti in Italia nel 2018 si è drasticamente ridotto in linea con la riduzione del complessivo numero di migranti sbarcati nell’ultimo anno, tuttavia si tratta di 3.536 nuovi minori.
In questo contesto, sono stati trovati due elementi di criticità: il primo riguarda l’accertamento dell’età ed il secondo riguarda la sistematica annotazione della data di nascita al 1° gennaio dell’anno nei casi in cui non ne sia determinabile il mese e il giorno.
Inoltre, i minorenni detenuti negli hotspot vengono spesso trascurati, il che rischia di attenuare la garanzia assoluta di tutela dei minori, soprattutto quando, come nel caso della nave “Diciotti”, sono detenuti per un periodo prolungato a bordo di navi alle quali non viene concessa la possibilità di sbarco.
La privazione della libertà e i processi migratori
Un altro problema trattato dal rapporto è la relazione tra la privazione della libertà e i processi migratori. Analizza anche l'obiettivo di queste misure e quanto siano efficaci. Il 2018 ha visto molti casi di navi che non sono state autorizzate ad entrare in porto, il che ha privato molti migranti della loro libertà per impostazione predefinita. Questo è accaduto non solo con la nave “Diciotti”, ma con “Sea-Watch3” e ancora con “Mare Jonio”.
Secondo Mauro Palma “occorre chiedersi quale sia il fondamento etico-politico di tale restrizione e quanto l’estensione della durata di detenzione per immigrazione non assuma l’incongrua configurazione del messaggio disincentivante da inviare a potenziali partenti. Sarebbe grave tale configurazione perché la libertà di una persona non può mai divenire simbolo e messaggio di una volontà politica”.
Il sovraffollamento nelle carceri italiane
Il rapporto solleva inoltre preoccupazioni sul sovraffollamento delle carceri italiane, sulla mancanza di accesso a misure alternative alla detenzione e sull'aumento del tasso di suicidi tra i detenuti.
In Italia ci sono più di 60.000 prigionieri, con solo 46.404 posti disponibili. Anche le strutture carcerarie spesso non sono adatte o completamente accessibili.
Il numero di suicidi in carcere è preoccupante: nel 2018 sono state 64, compreso un ragazzo di 18 anni.
Il Garante nazionale ha osservato che l'aumento del numero di detenuti non è dovuto a un maggior numero di persone detenute in carcere, ma piuttosto a minor numero di persone rilasciate.