Nella notte di domenica 6 luglio la compagnia italiana di software Hacking Team ha subito un attacco informatico: molti tra i clienti della compagnia hanno visto le loro fatture e email personali trapelare sulla rete, il che ha causato molte proteste, soprattutto da parte di attivisti per i diritti umani e per la privacy.
Dalle informazioni trapelate risulta che Hacking Team ha venduto software a regimi repressivi come il Sudan e l’Etiopia, che li hanno poi utilizzati per spiare attivisti e giornalisti che si occupano di diritti umani impegnati nel tentativo di rivelare gli abusi del governo.
Commercio illegale?
CILD, la Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili, ha chiesto al governo italiano chiarimenti sulla situazione e soprattutto di spiegare se la compagnia fosse autorizzata ad esportare i suoi prodotti violando gli accordi internazionali e l’embargo ONU contro il Sudan.
Il giorno dell'attacco CILD ha inviato una serie di domande ai Ministri degli Esteri e dello Sviluppo Economico chiedendo loro di chiarire la loro posizione e i criteri di valutazione relativi alle licenze per le esportazioni.
Nessuna risposta
CILD sta realizzando da tempo una ricerca sul tema con Privacy International e l’organizzazione britannica aveva già presentato le stesse domande lo scorso anno, senza ricevere alcuna risposta.
Da un rapporto del 2014 risulta che nel 2007 la Regione Lombardia aveva finanziato il capitale di rischio di Hacking Team. Lo scorso anno, il governatore della Lombardia ha ricevuto una richiesta di chiarimento da parte di Privacy International, ma non ha mai risposto.