La Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) ha di recente emesso una sentenza relativamente al caso di un cittadino spagnolo che ha chiesto a Google di rimuovere un link ad una pagina contenente dati personali. La CGUE ha deliberato in favore dello spagnolo sostenendo che questi tipi di richieste sono giustificati quando l'informazione fornita è inaccurata, irrilevante, inappropriata o eccessiva. La Corte, inoltre, ha spiegato che sebbene i server di Google non siano nell'UE, la legge europea viene applicata alle attività che Google realizza in Europa.
Tale sentenza ha molte implicazioni: da un lato, protegge il diritto alla privacy; d'altro canto, apre la possibilità alla violazione della libertà di espressione e del libero accesso all'informazione. Essa inoltre tocca una questione più ampia, quella delle responsabilità delle imprese rispetto ai diritti umani. Cosa accade ai diritti umani quando le imprese operano in paesi in cui tali diritti non sono garantiti dalle leggi o non sono rispettati nella pratica? Un esempio di questa situazione è rappresentato dalle fabbriche di grandi aziende, fabbriche che sono diffuse nel mondo e nelle quali le condizioni di lavoro sono spesso assimilabili alla schiavitù.
Il movimento per la tutela dei diritti umani è, alle sue radici, contro l'oppressione e l'abuso di potere. I diritti umani garantiscono ai cittadini uno scudo contro l'esercizio abusivo del potere statale e stabiliscono limiti che gli stati non possono superare e che devono proteggere. Dunque, agli stati sono tradizionalmente richiesti il rispetto, il perseguimento e la tutela dei diritti umani, attraverso la realizzazione di una cornice normativa nella quale tali diritti siano protetti e gli abusi e le violazioni siano sanzionati.
Di recente, tuttavia, le leggi internazionali hanno previsto una serie di sviluppi che possono modificare il paradigma che identifica lo stato come il solo garante dei diritti fondamentali. Siccome le imprese, soprattutto quelle multinazionali, diventano via via più potenti, si apre una questione: non occorre attribuire alle imprese più responsabilità, e tutele aggiuntive non sono necessarie per assicurare che esse non commettano abusi di potere e non violino i diritti umani?
La questione è stata discussa dalle Nazioni Unite nel giugno 2014, quando il Consiglio per i Diritti Umani (HRC) ha concluso la sua 26esima sessione, durante la quale ha adottato 34 testi. Uno di questi era la risoluzione A/HRC/26/L.22/Rev.1, attraverso la quale l'HRC ha deciso di istituire il tanto atteso gruppo di lavoro intergovernamentale. Tale gruppo di lavoro ha il chiaro mandato di elaborare uno strumento internazionale legalmente vincolante per regolamentare, attraverso la legislazione internazionale sui diritti umani, le attività delle imprese multinazionali e di altre imprese commerciali.
Al momento, il documento di riferimento sugli obblighi delle imprese in tema di diritti umani è il manuale dei principi, sempre prodotto dall'ONU. Questo manuale, tuttavia, si limita a delle raccomandazioni generali nei confronti delle imprese affinché rispettino i diritti umani attraverso la loro attività.
La recente risoluzione adottata dall'HRC segna un altro importante passo nell'orientare lo statuto legale delle imprese. La regolamentazione delle loro attività ha da tempo oltrepassato il campo della mera legislazione commerciale. In Romania, per esempio, la legislazione penale è stata applicata alle imprese dal 2006; tali soggetti giuridici (diversi dallo stato e da una pubblica amministrazione) possono commettere reati e possono avere responsabilità penale. Le imprese possono addirittura ricevere una pena capitale che viene loro applicata attraverso un forzato scioglimento.
Le imprese possono anche essere titolari di diritti. Un caso interessante a questo proposito viene dagli USA, dove la Corte Suprema degli Stati Uniti ha esteso l'applicabilità della libertà di religione alle attività di un'impresa (Burwell v. Hobby Lobby). Più specificatamente, la sentenza sostiene che un'impresa può essere esentata, per via di credenze religiose, dal fornire contraccettivi, un sussidio che era incluso qualche anno fa nei pacchetti di assicurazione obbligaroria sulla salute che i datori di lavoro dovevano fornire.
Sebbene misure concrete debbano ancora essere prese, il trend è chiaro: le imprese iniziano ad essere considerate attori rilevanti in tema di diritti umani. Sarà interessante capire se le norme sui diritti umani seguiranno le imprese nel prossimo futuro, rendendole responsabili delle loro azioni dovunque scelgano di operare.