"Quando gli standard minimi non possono essere garantiti in altro modo il rimedio è la scarcerazione", ha detto l'esperto di diritti umani Mads Andenas, che dirige il Gruppo di lavoro, al termine di una visita di tre giorni in Italia per monitorare l’applicazione delle raccomandazioni fatte dopo la visita in Italia nel 2008.
Il Gruppo di lavoro ha accolto con favore le recenti riforme per ridurre la durata delle pene, il sovraffollamento nelle carceri e il ricorso alla custodia cautelare. Secondo l'articolo 8 del Decreto Legge n. 92 del 2014 la custodia cautelare non può essere più applicata nei casi in cui il giudice ritenga che l'imputato, se riconosciuto colpevole, sarà condannato a meno di tre anni o avrà la pena sospesa. "Questo limiterà il ricorso improprio alla custodia cautelare, usata come pena ", ha osservato Andenas.
C’è ancora preoccupazione, tuttavia, per l'elevato numero di detenuti in attesa di giudizio, e resta la necessità di monitorare e contenere il ricorso sproporzionato alla custodia cautelare nel caso di cittadini stranieri e rom, anche minorenni.
Il Gruppo di lavoro ha accolto con favore la recente abolizione della circostanza aggravante della immigrazione irregolare nel diritto penale, nonché le misure adottate dal Parlamento per abrogare il reato di "ingresso e soggiorno illegale". Tuttavia il Gruppo di lavoro ha notato con preoccupazione che quest'ultimo rimane un illecito amministrativo.
"Restiamo inoltre seriamente preoccupati per la durata della detenzione amministrativa (con un limite massimo stabilito per legge di 18 mesi) e per le condizioni di detenzione nei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE), ma siamo incoraggiati dalle recenti iniziative legislative per ridurre il periodo massimo di trattenimento a 12 mesi, o addirittura a sei ", ha detto il signor Andenas.
"Abbiamo trovato che un numero significativo di detenuti in CIE sono cittadini stranieri che, prima di essere inviati in questi centri, sono stati condannati per reati penali e detenuti in carcere. Chiediamo al governo di evitare il trasferimento al Cie dei migranti detenuti, che dovrebbero essere identificati durante la detenzione in carcere”.
Il Gruppo di lavoro ha inoltre preso atto con particolare preoccupazione di segnalazioni relative a rimpatri sommari di individui, compresi in alcuni casi minori non accompagnati e adulti richiedenti asilo, nel quadro di accordi bilaterali di rimpatrio, soprattutto a causa accertamenti inadeguati o inesistente che non consentono di determinare l'età dei migranti o di informarli dei loro diritti.
Per quanto riguarda il monitoraggio dei luoghi di detenzione, il Gruppo di lavoro ha accolto con favore la recente ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e l'istituzione del Garante nazionale dei diritti dei detenuti. È tuttavia rammaricato del fatto che il governo non abbia ancora costituito una autorità nazionale indipendente per i diritti umani in conformità con i Principi di Parigi.
Gli esperti delle Nazioni Unite, durante la loro visita, hanno incontrato tra gli altri due Ong italiane, Antigone e Save The Children.
“Su questi temi si seguano le indicazioni dell'Onu e non il sentire dell’opinione pubblica” ha dichiarato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, a commento dell'incontro. “È folle pesare che si recluda preventivamente chi, per reati lievi (con pene fino a tre anni) in carcere non andrà da condannato. Per questo abbiamo fatto notare al Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite, che ha condiviso la nostra impostazione, come sia importante che il decreto approvato dal governo sulla custodia cautelare non venga riformato”.
“Si approvi urgentemente il reato di tortura e – conclude Gonnella – si proceda urgentemente ad affrontare tutte le criticità che le Nazioni Unite hanno evidenziato in questa loro ricognizione, nominando anche un Garante nazionale delle persone detenute autorevole e indipendente”.